Un primo processo attraverso il quale il muscolo riproduce ATP consiste nel trasferimento di una molecola di acido fosforico (P) dalla fosfocreatina (CP) all'ADP. Lo stimolo per l'inizio di questo processo è l'aumento dei livelli intracellulari di ADP: quando la cellula consuma ATP produce ADP e questo stimola un enzima, la creatinfosfochinasi (CPK), il quale catalizza il trasferimento del P dalla CP all'ADP CP+ADP> ATP + C ottenendosi così dell'ATP e della creatina non fosforilata. Questo sistema consente di ottenere rapidamente, attraverso una singola reazione chimica, l'ATP che serve al muscolo in quel momento. L'esaurirsi della CP rappresenta il limite di questo processo. In effetti la quantità di CP è piuttosto limitata e viene rapidamente esaurita nel giro di pochi secondi quando il muscolo lavora alla massima intensità. Una volta esaurita la CP è ancora possibile per il muscolo proseguire il lavoro, ma l'intensità di esso deve necessariamente diminuire. Si riduce così la potenza erogata dal muscolo, perché arriva meno « benzina ». In realtà la CP diminuisce nel muscolo ma non si esaurisce completamente, altrimenti insorge rapidamente la sensazione di fatica.
LA RESINTESI LATTACIDA DELL'ATP
Come fa il muscolo a rimediare alla carenza di ATP in assenza di CP? L'aumento dell'ADP all'interno della fibra stimola un enzima (la fosforilasi) a « sciogliere » il glicoceno (che è uno zucchero simile all'amido ma che si trova nei muscoli) e a liberare del glucosio. Tale glucosio può venire trasformato, attraverso una serie di reazioni chimiche, in acido lattico, e nel corso di questo processo si ottengono degli intermedi capaci di trasferire l'acido fosforico sull'ADP e di risintetizzare, quindi, l'ATP. La trasformazione del glucosio in acido lattico porta ad una resa netta di 2 ATP per ogni molecola di glucosio trasformata (3 a partire dal glicogeno). Il processo non è così rapido ed efficiente come la trasformazione della CP, tuttavia consente di lavorare ad alta intensità (intermedia tra quella massima e quella sostenibile per un lungo periodo di tempo) per un periodo di tempo più lungo, misurabile in minuti piuttosto che in secondi; il limite di questo meccanismo è rappresentato dal fatto che l'acido lattico accumulandosi nel muscolo lo acidifica e lo intossica e, ad un certo punto, lo costringe a fermarsi o, comunque, a diminuire l'intensità al di sotto di quella che richiede la produzione di ulteriore acido lattico. Il processo si svolge in assenza di ossigeno e perciò non richiede un apporto di sangue continuato ed è tipico delle situazioni nelle quali l'intensità del lavorò supera quella massima ottenibile grazie ai processi coinvolgenti l'ossigeno (attività aerobica) oppure nelle quali il flusso di sangue è ostacolato (contrazioni muscolari isometriche prolungate).
LA RESINTESI AEROBICA DELL'ATP
L'acido lattico non è affatto una sostanza di rifiuto per il muscolo: quando le condizioni di lavoro lo consentono esso può essere utilizzato come fonte di ulteriore ATP oppure per la resintesi del glucosio e del glicogeno, invertendo, in parte, il processo di demolizione del glucosio (e consumando perciò ATP). Il lattato infatti deriva dall'acido piruvico e può essere di nuovo trasformato in quest'ultimo. L'acido piruvico, a sua volta, può venire trasferito all'interno dei mitocondri (che sono una specie di « centraline » energetiche della fibra muscolare) dove, attraverso un processo lungo e complicato, ma molto redditizio, dalla sua trasformazione in anidride carbonica (CO2) ed acqua (H2O) si ottiene molto ATP (36 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio e 18 per ogni molecola di acido piruvico). In tale processo interviene l'02 e pertanto esso viene detto aerobico. È importante sottolineare che la trasformazione del glucosio in acido piruvico e poi in acido lattico (glicolisi anaerobica o lattacida) è poco redditizia, perché fornisce poco ATP a parità di glucosio consumato, ma è rapida e si svolge nel sarcoplasma, in immediata vicinanza delle miofibrille. La seconda parte, invece, che da acido piruvico porta a CO2 + H2O + ATP si svolge nel mitocondrio cioè lontano dalle miofibrille in un compartimento separato, ed è un processo lento, anche se molto redditizio perché consente di sfruttare interamente il patrimonio biochimico ed energetico posseduto dal glucosio.
Ma perché a volte il glucosio viene trasformato in CO2 ed H2O e a volte invece ci si ferma ad acido lattico? Tutto dipende dall'intensità del lavoro muscolare: quando il muscolo lavora a bassa intensità la quantità di glucosio trasformata in acido piruvico è bassa e questo viene interamente trasferito nei mitocondri per l'ossidazione. Quando però l'esercizio aumenta molto di intensità la quantità di glucosio trasformata è elevata e viene prodotto molto acido piruvico, superando la quantità massima di questo che può essere accolto nei mitocondri. Perciò l'acido piruvico comincia ad accumularsi e ad intossicare il muscolo. Poiché l'acido lattico è meno tossico dell'acido piruvico, e può perciò venire accumulato in maggior quantità, il muscolo trasforma l'acido piruvico in acido lattico ed è quest'ultimo ad accumularsi, mentre di solito non si registra nessun aumento dell'acido piruvico. Allorché l'intensità del lavoro diminuisce, diminuisce anche il consumo di ATP, viene interrotta la trasformazione del glucosio in acido lattico e quest'ultimo può venire ritrasformato in acido piruvico. Il piruvato può venire ossidato nei mitocondri fino a quando la produzione di ATP non è sufficiente ai bisogni cellulari oppure può venire ritrasformato in glucosio dal fegato e immagazzinato di nuovo come glicogeno.
Il lattato che durante l'attività muscolare passa nel sangue viene portato al fegato e qui può seguire entrambi i destini: ossidazione o resintesi del glucosio, previa trasformazione in acido piruvico. Il cuore e gli altri muscoli possono impiegare il lattato che proviene dai muscoli più intensamente impegnati. In condizioni aerobiche (bassa erogazione di potenza, nessuna produzione di lattato) l'acido piruvico viene trasferito nei mitocondri. Durante il passaggio dall'esterno all'interno di questi organelli esso viene convertito in acetilcoenzimaA . La parte sfruttabile di questa molecola è l'acido acetico (acetile) che, nel corso delle trasformazioni chimiche connesse al ciclo di Krebs e alla catena respiratoria, da luogo all'energia chimica necessaria per la resintesi aerobica (cioè in presenza di ossigeno) dell'ATP. L'acido acetico è uno degli acidi grassi più semplici e deriva, nel caso provenga dalla molecola dell'acido piruvico, dalla demolizione del glucosio (glicolisi). Ma esso può derivare anche dalla demolizione dei grassi (acidi grassi, trigliceridi) e costituisce la principale modalità di utilizzazione energetica dei lipidi alimentari. I grassi, a differenza degli zuccheri come il glucosio, non sono suscettibili di una utilizzazione anaerobica, per cui non sono utili per procurarsi rapidamente dell'ATP. Tuttavia, nel caso della utilizzazione aerobica, essi presentano alcuni vantaggi rispetto agli zuccheri: 1) sono accumulati in grande quantità nell'organismo, anche in virtù del loro peso ridotto a parità di resa energetica; 2) essi forniscono 9 Kcal/grammo contro le 4 Kcal/grammo degli zuccheri; 3) il loro uso consente di risparmiare il glicogeno e di poter proseguire il lavoro per lunghi periodi di tempo, anche se a bassa intensità.
Per l'utilizzazione dei grassi è tuttavia richiesta una certa quantità di zuccheri, per cui in effetti il muscolo che lavora aerobicamente funziona con una miscela di zuccheri e grassi che è più ricca in zuccheri se l'intensità di lavoro è elevata, ed è invece più ricca in grassi se l'intensità è bassa ed il lavoro prolungato. La quantità di ossigeno contenuta nella molecola dei grassi è bassa: essi pertanto per essere trasformati in acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2) richiedono una maggiore quantità di ossigeno atmosferico. Ciò fa sì che, a parità di ATP prodotto, si consuma più ossigeno bruciando grassi che zuccheri. Una conseguenza di questa situazione è che quando l'intensità di lavoro si avvicina al massimo consumo di ossigeno la miscela di « combustibile » usata dal muscolo è quasi tutta costituita dal glucosio. Nel lavoro prolungato e continuo ad intensità elevata le riserve di glicogeno del muscolo si esauriscono perciò rapidamente (nell'ambito di una due ore).